di ANNA MAZZOTTA –
La Settimana Santa riveste grande importanza per i salentini e non solo; la comunità si sente partecipe di questo periodo che rappresenta il sacrificio e la gioia dopo la sofferenza, in un clima davvero suggestivo. I riti iniziano il lunedì santo e si protraggono fino alla domenica, quando il suono delle campane a festa annuncia la resurrezione di Cristo.
Nel pomeriggio del giovedì si celebra la “messa in cena domini” nel quale si ricorda l’ultima cena di Gesù e si ripete la lavanda dei piedi effettuata da Cristo in questa occasione. Alla fine della celebrazione le croci vengono velate, le campane silenziate e gli altari privati degli ornamenti. Il venerdì santo è il giorno in cui si ricorda la crocifissione di Gesù, si pratica il digiuno ecclesiastico e la liturgia in chiesa ripercorre la Passione di Cristo. Il sabato santo è invece il momento del silenzio, per questo non si celebra l’Eucaristia e la sera ci si prepara per la veglia Pasquale che porta alla domenica di Pasqua con la resurrezione di Gesù.
Ma la Pasqua è segnata non solo da usanze religiose, ma anche “profane”, che riguardano soprattutto la gastronomia. Il pranzo pasquale non può non essere costituito da tanti piatti succulenti: l’agnello al forno con le patate, la pasta al forno con la ricotta marzotica grattuggiata e i famosi involtini o turcinieddhi, realizzati con le interiora, cotti alla brace. Un altro tipico prodotto Pasquale è la puddhica, una ciambella con una o più uova sode che può essere sia dolce che salata.
Ma quali sono i dolci tipici della Pasqua salentina? Uno di questi è l’agnello di pasta di mandorle, il cosiddetto pecureddhu, farcito con marmellata e ovetti di cioccolato. Ci sono poi i “quaresimali”, che sono dei biscotti realizzati con mandorle, zucchero, uova e farina accompagnati da un vino liquoroso. Abbiamo anche i taralli dolci, e la “scarcella”, una forma di pane sempre dolce di origine spagnola, e il mustazzolo. Poi accanto a tutti questi dolci tipici del Salento non possono non mancare le uova di cioccolato, simbolo per antonomasia della Pasqua.
Da non tralasciare, poi, le usanze, spesso curiose, che precedono la Pasqua. Una di queste è lu piattu pe lu sabburcu, ossia piatto per il sepolcro formato da grano germogliato al buio, ornato con nastri e immaginette sacre. Altra curiosità è che dal giovedì santo alla Pasqua le massaie, un tempo, evitavano di fare il bucato per non incorrere nelle pene dell’inferno. C’è poi la quaremma che è rappresentata da una vecchietta con la conocchia in mano e un’arancia amara con sette penne infilzate. Questa vecchietta viene appesa al camino all’inizio della Quaresima e ogni settimana si sfila una penna dall’arancia fino al giorno di Pasqua, momento in cui la quaremma si butta nel fuoco, ponendo finalmente fine al periodo di penitenza e lasciando solo spazio alla gioia pasquale.