di GIOVANNA CIRACì –

Giuseppe Vacca fu davvero un brigante? Fece realmente parte di quel gruppo di meridionali che si ribellarono allo Stato italiano appena formatosi o fu solo un semplice fuorilegge?

È l’interrogativo a cui cerca di dare una risposta Alberico Balestra, saggista ed ex dirigente scolastico, che nel suo libro “Giuseppe Vacca, il brigante francavillese”, edito da Montanaro Editore, con in copertina un’immagine firmata dall’artista Carmelo Conte, tenta di fare luce sulla storia del suo concittadino vissuto nell’ Ottocento.

Un breve testo che verrà presentato giovedì 2 marzo, alle 18.30, nella Sala Mogavero di Castello Imperiali di Francavilla Fontana, con il patrocinio del Comune e con l’organizzazione dell’Università della Terza Età e della Sezione Francavillese dell’Anpi. A relazionare sul lavoro di Balestra, il docente e saggista Mimmo Tardio.

Il volume, nonostante abbia un’impronta storica, non intende essere un vero e proprio saggio ma piuttosto una spiegazione “romanzata”, come viene sottolineato nella prefazione, di quella che fu sostanzialmente la vicenda umana di un personaggio abbastanza discusso.

Balestra narra in maniera diretta e semplice, ma assolutamente efficace, l’esistenza di un uomo, nato nella Città degli Imperiali, che deve combattere già dalla sua infanzia, dovendo subire le violenze di un padre non proprio affettuoso. Una condizione famigliare che lo porterà a sviluppare comportamenti aggressivi verso l’esterno e a fuggire dalla sua casa, vivendo di espedienti, fino all’arruolamento nell’esercito borbonico.

Il suo temperamento rimase comunque prepotente, non a caso, a un certo punto, fu arrestato per aver scatenato una rissa. Il carcere, però, gli darà qualcosa che fino ad allora non era riuscito a ottenere: la capacità di leggere e scrivere. Anche una volta evaso di prigione dopo la caduta dei Borboni, Vacca continuerà a macchiarsi di vari reati, ma saranno sempre di lieve entità, lontani dall’essere crimini efferati. Ciò che metterà in dubbio il suo essere effettivamente un brigante sarà il fatto che tenderà ad agire in maniera isolata, incapace di tessere rapporti sociali, caratteristica questa, che, agli occhi di molti, lo farà apparire più come un semplice bandito piuttosto che come un reale affiliato al brigantaggio.

La vita tormentata di Giuseppe Vacca terminò a soli 28 anni, quando fu condannato a morte, anche a causa degli screzi avuti con il sindaco di allora Don Nicola Barbaro Forleo. Il 24 aprile 1861 fu fucilato nei pressi della Porta del Carmine della sua città natale, lasciando in chi lo conobbe il dubbio sulla sua vera natura di brigante.

Vacca era, molto probabilmente, un tipico uomo meridionale, come forse ce ne erano molti, di un tempo segnato da una fase di passaggio delicata per il Meridione. E Alberico Balestra, nel suo lavoro, ci dona un’immagine davvero interessante e istruttiva del territorio locale e di quello che si stava vivendo allora nel Tacco d’Italia. Il suo libro si completa, inoltre, offrendo, nella parte finale, un’appendice su cosa fu generalmente il fenomeno del brigantaggio, ricordando ai lettori gli accadimenti storici, politici e sociali di un periodo temporale estremamente incisivo e determinante per il Sud.