di ALBERICO BALESTRA –
È nel mondo romano che si possono ritrovare le origini del nostro Carnevale, nei festeggiamenti in onore del dio Bacco, detti Baccanali, che si svolgevano lungo le strade della città e prevedevano già l’uso delle maschere, tra fiumi di vino e danze. Ma anche nei Saturnali, in onore del dio Saturno, antica divinità italica, forse di origine etrusca. Il Cristianesimo cercò di moderare quelle feste trasgressive e i Saturnali divennero Carnevale. E, come il dio veniva alla fine immolato, anche il nostro Carnevale, dopo aver partecipato a tutte le manifestazioni di allegria e baldoria, veniva processato, condannato e bruciato. Il fuoco così divenne l’elemento della purificazione e della rinascita.
Nella “Storia di Francavilla Fontana” di Pietro Palumbo si raccontano alcuni Carnevali al tempo degli Imperiali. Il Carnevale iniziava il 17 gennaio con la festa dedicata a Sant’Antonio Abate. Questo spiegherebbe il detto “A Sant’Antuenu maschiri e suenu”. I festeggiamenti iniziavano già il giorno del giovedì grasso e proseguivano fino al martedì successivo. Ci si divertiva ballando in maschera o senza maschera, in città e nelle masserie. Di sera, talvolta, si apriva il teatro degli Imperiali, costruito vicino al castello nel 1716, o se ne allestiva qualcuno nelle case private dei nobili, dove si recitavano allegramente farse e commedie. Poi, a un tratto, la notte del martedì alla quarta ora, all’incirca le ventidue, suonava il campanone della Chiesa e subito si chiudeva il teatro, finivano i balli, si smettevano le maschere e si faceva il cenone, che era piuttosto un pranzo sontuoso, perché per l’ultima volta si poteva mangiare carne. L’usanza religiosa non consentiva di mangiarne durante la quaresima.
Si racconta che un Carnevale memorabile nella nostra città fu quello del 1671. Quell’anno c’era una mancanza di viveri che preannunziava una di quelle carestie tanto frequenti nel secolo XVII. Ma ecco che all’inizio di questa ricorrenza arrivarono nella piazza molti carri di grano a prezzo bassissimo. Dal pianto si passò all’allegria e i giorni di Carnevale furono animatissimi. In quei giorni si seppe che stava per arrivare a Francavilla Fontana la marchesa Brigida Grimaldi, moglie di Michele Imperiali Senior, insieme col figlio Giuseppe Renato, il futuro potente cardinale, per questo i signori locali si erano dati da fare per preparare loro un’accoglienza cordiale e rendere meno noiosa la dimora al castello.
Si raccontava che per le strade sfilavano carri a somiglianza di navi, comitive di musici vestiti di donne, gente di ogni tipo che affollava quelle vie strette e buie. Era un fracasso indiavolato di maschere; un via vai di individui dall’aspetto poco rassicurante con parrucconi, con alti tacchi alle scarpe, con fiocchi e gingilli, incipriati che parevano piuttosto infarinati. I ragazzi rotolavano per terra, i cani guaivano, le donne strillavano. C’era qualche incidente che completava il quadro. Quelli non mancano mai quando c’è tanta allegria! Il chiasso maggiore si faceva alla porta della piazza, diventato un arco cadente, fuori della quale incominciavano a sorgere alcune case di forma modesta, con i tetti di canne, che andavano a formare il borgo del Carmine. Presso quest’arco i domestici della marchesa avevano costruito una fontana artificiale rappresentante un grosso Sileno, da cui si rovesciava vinello rosso. Intorno la gente con la bocca aperta beveva qualche zampillo di quel vino a buon mercato. E siccome non tutti ci arrivavano, si faceva un chiasso e un baccano.
C’erano maschere con gli abiti ridotti a brandelli; vecchi già ubriachi; ragazzi che strepitavano; donnacce che, spinte e sballottate in quel trambusto, superavano tutti con urla e imprecazioni. Il rumore non stava solo in quel luogo. La piazza formicolava di ogni tipo di persona. Molti acquistavano mercanzie nelle botteghe. Il vino faceva sentire i suoi effetti. In una osteria sembrava che si stessero accoltellando. In una bottega di barbiere era stato trascinato un armigero con un uncino nel ventre. E il barbiere, che a quei tempi era come un medico, con un rasoio in mano ordinava che si togliessero i vestiti al malcapitato, perché voleva operarlo. Il ferito urlava, si dimenava come un demonio… e la gente non capiva se ciò che accadeva era uno scherzo o un caso grave.