di ANNA RITA PINTO –

La festa del Carnevale è diffusa in tutto il mondo, celebrata attraverso sfilate di carri allegorici, riti propiziatori e soprattutto feste in maschera. La sua ricorrenza è calcolata in base a quella della Pasqua, e termina con il giorno delle Ceneri. Secondo il rito romano, quindi, quest’anno i festeggiamenti del Carnevale cadono nel periodo che va dal 5 febbraio al 21 febbraio, martedì grasso. che chiude tutti i festeggiamenti e apre all’inizio della Quaresima. Solitamente, dunque, le celebrazioni carnevalesche durano due settimane circa, con alcune eccezioni. Nel rito ambrosiano che coinvolge la città e l’arcidiocesi di Milano, ad esempio, il periodo quaresimale inizia più tardi. L’ultimo giorno di Carnevale è il sabato dopo il martedì grasso e la festa dura fino al sabato che precede la prima domenica di Quaresima; questo periodo è chiamato anche “Carnevalone”. Mentre è Putignano, in Puglia, che detiene il primato delle festività carnevalesche più lunghe, vediamo come mai.

Alla fine del 1300 la costa pugliese è preda delle scorrerie saracene e la paura dei saccheggi invade abitanti e governatori. C’è necessità di proteggere dalle razzie ciò che di più prezioso è custodito nel territorio, partendo dalle reliquie di Santo Stefano Protomartire, fino ad allora conservate nell’abbazia di Monopoli. Trasferirle sembra essere l’unica soluzione e Putignano, perfetta per la sua posizione, viene scelta come meta del trasferimento. Il 26 dicembre 1394 le reliquie, accompagnate da un corteo sacro, vengono traslate nella chiesa di Santa Maria la Greca, lì, dove tutt’oggi sono ancora custodite. È in questo momento che la storia si intreccia alla leggenda: il racconto, tramandato dalla tradizione orale, vuole che i contadini di Putignano impegnati nell’innesto delle viti con la tecnica della propaggine, al passaggio della processione abbandonassero campi e lavoro per accodarsi festanti al corteo, ballando, cantando e improvvisando versi satirici in vernacolo. Nasce così la Festa delle Propaggini, quella che da 622 anni ogni 26 dicembre segna l’inizio del Carnevale più lungo di Italia: il Carnevale di Putignano.

È solo nella prima metà del ‘900, però, che la maestranza artigianale del posto mette arte, passione e competenza a totale disposizione del Carnevale. Con il tempo, i carretti colmi da pupazzi di paglia e stracci, lasciano il posto ai primi carri allegorici dall’anima in ferro e il rivestimento di carta. La sfilata dei carri richiama l’intero paese e diverte tutti i ceti, il Carnevale diventa così la festa di tutti. Il trionfo della cartapesta si raggiunge negli anni ’50 quando vengono introdotti anche innumerevoli tecniche lavorative; al filo di ferro e alla carta dei giornali inizia ad affiancarsi la lavorazione dell’argilla, facilmente reperibile in loco a basso costo.

Dal 26 dicembre al martedì grasso, è un susseguirsi di riti, tradizioni, sfilate e processioni, in un continuo fondersi e alternarsi di sacro e profano. Ne è un esempio il giorno di Santo Stefano e delle Propaggini, così come il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate ma anche inizio degli appuntamenti del carnevale dai ritmi più sfrenati. Da questo momento l’avvicendarsi delle settimane è segnato dalla centralità dei giovedì: se in passato questo era sinonimo di banchetti e balli in maschera nei sottani del centro storico, i cosiddetti jos’r, oggi è sinonimo di dissacrante satira sociale. Ogni giovedì mira a portare sul palco una storia e un gruppo sociale ben preciso: in un ordine assolutamente immutabile si parte con i Monsignori, per poi continuare con i Preti, le Monache, i Vedovi, i Pazzi – ovvero, i giovani non ancora sposati -, le Donne sposate e, dulcis in fundo, i Cornuti – gli Uomini sposati -, in un appuntamento curato dall’Accademia delle Corna, caratterizzato proprio dal goliardico rito del taglio delle corna. Di giovedì in giovedì, di tradizione in tradizione, di carro in carro, si arriva al martedì grasso, giorno di chiusura del Carnevale e del gran finale in notturna. I 365 rintocchi della Campana dei Maccheroni scandiscono ufficialmente la fine dei bagordi e l’inizio della Quaresima.

Spostandoci invece nel resto d’Italia troviamo il Carnevale di Fano, la manifestazione più importante delle Marche ma anche la più antica d’Italia. Il primo documento che parla dei festeggiamenti di Carnevale a Fano risale al 1347, ed è custodito nella Sezione dell’Archivio di Stato della città. Da allora, questa festa, ha assunto caratteristiche sempre più specifiche e, nel 1871 fu creato un comitato per l’organizzazione del carnevale che, ancora oggi, coinvolge ogni anno oltre 100.000 turisti. L’edizione attuale è una rivisitazione in chiave moderna del rito del “Pupo”, una sorta di capro espiatorio, che simboleggia l’animale sacro sul quale vengono scaricate tutte le colpe dei bagordi, soprattutto a carattere erotico, che si svolgevano durante il carnevale. La cerimonia terminava con il rogo del Pupo come simbolo di purificazione. I carri che sfilano a Fano interagiscono con gli spettatori perché, oltre ai balli e alla musica, sono famosi per il “getto” di dolciumi che vengono riversati sul pubblico. La sfilata viene chiusa dalla “Musica arrabita” (musica arrabbiata ma anche festosa e umoristica), genere che nasce da un complesso musicale formatosi nel 1923.

Tra i Carnevali più belli e famosi al mondo, c’è poi il Carnevale di Venezia dove regnano sfarzo e costumi bellissimi, lasciti di una tradizione secolare e dove migliaia di persone ogni anno invadono Piazza San Marco in una dimensione unica che solo Venezia può offrire. I Carnevali di Acireale o di Sciacca, in Sicilia, sono famosi per le opere in cartapesta e per le sfilate dei carri allegorici così come quello di Viareggio, caratterizzato da personaggi di cartapesta che rappresentano soprattutto personalità della politica, accompagnati da gruppi in maschera che sfilano per tutta la città. E poi il Carnevale di Cento, nato nel XVII secolo, ma che ha acquisito importanza, anche a livello europeo, dopo il gemellaggio con il Carnevale di Rio de Janeiro avvenuto nel 1990. Il Carnevale di Ivrea invece trae origine dalla ribellione ad un malvagio tiranno da parte di una giovane donna, seguita poi da tutta la popolazione. Da questo episodio nasce la famosa battaglia delle arance grazie alla quale, ogni anno, si rivive quella rivolta.

Tra le tradizioni di carnevale più diffuse c’è il “Processo del Carnevale” che ritroviamo in molte regioni italiane ancora oggi. Dopo il testamento del Carnevale, al quale si dà la colpa di tutti i mali del vecchio anno, di solito si usa “condannarlo” a morte. L’uccisione avviene o per impiccagione o decapitazione ed è il momento clou del dramma e dei festeggiamenti. La morte può avvenire anche a mezzo del fuoco con la messa al rogo del fantoccio di Carnevale che troviamo in molte località d’Italia.