L’epigrafe che ricorda l’attacco dei Cappelletti sulla facciata della Chiesa della Madonna dei Grani

di ALBERICO BALESTRA –

Il triste fenomeno dell’invasione, inteso come occupazione, generalmente violenta, di un territorio già sottoposto alla sovranità di un gruppo umano, è sempre esistito nel tempo e nello spazio della storia dell’umanità. Non è avvenimento di oggi.

Ve ne raccontiamo uno che si inserisce nel XVI sec., quando l’Italia fu teatro di invasioni e di guerre tra Francia e Spagna, da cui non fu esente la Puglia. In particolare, l’episodio si riferisce agli scontri avvenuti  nel 1529 tra l’esercito spagnolo e quello francese guidato da Odetto Lautrech. Gli eventi, compresa una epidemia di peste e la morte dei capi francesi, favorirono gli spagnoli. I soldati francesi, laceri, senza paghe, si sbandarono per il Regno di Napoli e per la Puglia. Tremila di loro, che dal cappello che avevano si dissero Cappelletti, andavano in giro rapinando chiunque capitasse loro a tiro. Tra le località pugliesi fatte segno dei loro latrocini ci furono Noci, Martina Franca e Mesagne.

Alla fine di giugno, racconta lo storico francavillese Pietro  Palumbo, i Cappelletti, sull’imbrunire, videro da lontano la Terra di Francavilla. L’ampiezza e la amenità del luogo li invitò ad avvicinarsi, ma sospettosi e temendo un agguato, rinviarono l’assalto al giorno seguente. Intanto i contadini fuggiti dalle campagne portarono la triste notizia in città. La fama delle ruberie di quei soldatacci suscitò un tale panico che anziché prepararsi a respingere l’assalto, ci si riparò in chiesa e, in preda alla disperazione, si chiedeva l’aiuto della Protettrice. All’alba i Cappelletti erano già pronti all’invasione e a ricchi bottini, quando si accorsero, invece, che il passaggio era impedito da fitta nebbia, che a loro sembrò mare che allagava tutta la contrada. Si tentò di fare un guado, ma c’erano fango e acqua zampillante che rendevano impossibile l’andare avanti. Cosi i Cappelletti abbandonarono il loro progetto e si diressero verso Mesagne che presero a tradimento.

Il punto in cui si fermarono era nella contrada detta “Grani”, dove si diramava un ruscello detto “Reale” che va a sfociare presso Brindisi, più esattamente nella riserva naturale di Torre Guaceto. In quel luogo Ceglie e Martina Franca mandavano i propri armenti ad abbeverarli.

Il ricordo della improvvisa dipartita dei Cappelletti fu considerato dai francavillesi un miracolo e nella contrada edificarono una cappella. In verità la ristrutturarono perchè era un’antica gràngia basiliana di un antico Casale che doveva essere abbastanza popolato. Di essa si fa menzione la prima volta in un documento di Ruggiero Borsa, duca di Puglia, del 1092 nel quale si legge: “…et S. Mariam Grani cum Casali”. Il suo nome è riportato anche in documenti successivi del 1102, del 1115 e del 1172. In seguito, a causa delle incursioni barbariche, l’edificio fu distrutto e gli abitanti andarono a popolare Francavilla. 

Una  contrada fertile, quella di Grani, così chiamata per la produzione del grano. Il Capitolo, che ne era proprietario, “in processione, si recava-  scrive P. Palumbo –  a commemorare il miracolo nella quinta ferie dopo la Domenica di Pasqua”. Col passar del tempo divenne proprietà della nobile famiglia Forleo, di origine spagnola, che la dovette ingrandire. All’interno si ergeva un grazioso altare in pietra e sul muro, racconta Alfredo Barbaro Forleo, vi era dipinta una Vergine “col bambino in fra le braccia, sorridente e che ispira devozione e simpatia al visitatore”. Nel 1809 all’ingresso, a ricordo dell’evento miracoloso, fu posta una lapide in latino, così tradotta dal prof. Domenico Camarda:

Una nuova e bella immagine della Vergine

sotto il titolo de’ Grani e della Fontana

è qui venerata degna di ricordo

qui quando i Cappelletti ovunque seminavano distruzione

qui la città, assunta la forma di mare, fu salva

tuttavia questa (non) fece condannare quella ingrata

ma con intervento divino fu rinnovata

nell’anno 1809.