di PAOLO LEGROTTAGLIE –

Era domenica 27 novembre 1977. Solitamente, la domenica, io, il mio papà, la mia mamma e mio fratello Francesco andavamo a volte a Villa Castelli, a volte a Francavilla Fontana, a mangiare assieme o a zio Nuccio (don Antonio Ribezzi), o a zio Saro (Don Rosario Ribezzi). E quella domenica, toccò andare a Francavilla. Era sempre una festa andare da zio Saro – io avevo 12 anni, mio fratello 16 -, perché si andava in una casa immensa. Dove risiedeva mio zio c’era anche Maria Pisciotta – così ricordo che si chiamava – che cucinava benissimo, e noi ci perdevamo in quella immensa abitazione, sita in Corso Umberto, fredda, anzi freddissima, ma calda d’amore di zio Saro e Maria.

Anche quella domenica mangiammo tutti assieme, e mio zio Saro, come faceva sempre dopo pranzo e prima di andare a celebrare la Santa Messa nella Chiesa di Sant’Eligio, ci salutò alla sua maniera scherzosa e andò a riposare. Stranamente, quel giorno, prima di andar via e tornare a Ostuni, mia madre ci disse di andare nella stanza dove riposava zio Saro e di salutarlo nuovamente. Non lo avevamo mai fatto, dato che ci salutavamo prima che iniziasse a riposare ma… lo facemmo!

Rientrammo a Ostuni che era già buio, ed eravamo pronti a riprendere gli studi e poi a lavorare sul presepe, quando arrivò una telefonata. Era un’altra Maria di Francavilla, Maria Pagliara – altra “grande persona”, le ricordo tutte -, che ci diceva che Don Rosario, quasi al termine della Messa, non si era sentito bene, e che era il caso di andare a vedere come stavano le cose. In tutta fretta, mio padre e mia madre ci rivestirono e con un’amica di famiglia ci rimettemmo in macchina, un Maggiolino, e partimmo alla volta di Francavilla Fontana.

Ricordo che mio padre andava veloce, molto veloce, senza motivo alcuno: in fondo zio Saro non si era sentito bene, ma non c’era alcuna urgenza. Arrivammo in poco tempo all’ingresso di Francavilla e su Corso Umberto trovammo la strada bloccata, con tanta gente per strada. I miei genitori iniziarono a chiedersi se in quel giorno ci fosse qualche festa religiosa, qualche processione, ma la memoria non dava risposte. Allora mia madre, abbassò il finestrino del Maggiolino e chiese a una donna che camminava: “Mi scusi signora, ma perché tanta gente?” E lei rispose secca: “È morto un sacerdote!”.