Foto tratte dal web –
di CHIARA CHIEGO –
Leggiadre sirene di pietra immobili lambite dai flutti; eleganti figure marine che si pettinano, che osservano l’orizzonte, che guardano la luna. Anche se non sono state narrate da Andersen, le vicende delle sirene tarantine, non sono meno interessanti e fantasiose.
Quelle osservabili oggi percorrendo il lungomare di Taranto, sono opere moderne dell’artista Francesco Trani, realizzate in un cemento adatto a resistere alle intemperie e alla forza del mare.
Tra le leggende che circondano queste mitologiche figure, vi è quella di Skuma (schiuma) e del pescatore; si narra che un giovane e forte pescatore un giorno si innamorò di una donna bellissima. I due vissero felici per alcuni anni, ma a causa della lontananza dello sposo impegnato nella pesca, la bella sposa venne sedotta da un nobile della zona. La donna si pentì del tradimento, e chiese perdono all’amato, ma preso dalla rabbia, lui la trascinò sulla sua barca, gettandola in mare.
Le sirene vedendo l’estrema bellezza e il triste fato della donna, la salvarono trasformandola in una creatura del mare chiamata Skuma, che divenne la loro regina. Preso dal rimorso, il pescatore tornò nel punto in cui pensava di aver ucciso la moglie, piangendo disperato; le sirene decisero allora di punirlo, trascinandolo negli abissi e presentandolo a Skuma che però lo riconobbe e lo perdonò, convincendo le altre sirene a riportarlo a riva sano e salvo. Il pescatore decise allora di rivolgersi ad una fata, che l’aiutò a rapire la sua amata dal castello delle sirene, portandola sulle coste del Golfo di Taranto. Ed è qui che la leggenda ci presenta due versioni differenti: in una i due vissero felici e innamorati per il resto della loro vita, nell’altra il mare non li perdonò e furono colpiti da una grande onda che uccise il pescatore. Skuma per disperazione, si fece suora rinchiudendosi in una delle torri del Castello Aragonese che da allora prese il nome di “Torre della monacella”.
In altre versioni della storia, il pescatore era un marinaio che dopo il pentimento per l’uccisione della moglie, finì prigioniero in un palazzo e venne salvato proprio dalla moglie divenuta sirena. Egli le perdonò il tradimento e sotto consiglio di una fata, convinse la moglie a rubare il fiore che teneva in vita le creature marine. Dopo averlo fatto, le sirene che avevano aiutato la giovane, sparirono per sempre dal mare di Taranto mentre i due amanti continuarono la loro vita insieme.
Come che fosse la storia originale, è senza dubbio un racconto che parla di tradimento, pentimento e soprattutto di perdono.
Intanto c’è ancora chi dice di aver udito il canto di una sirena, immersa tra le acque cristalline del mar Ionio, fra delfini, fate e antiche divinità.