di CHIARA CHIEGO –

“Bonasera ma a quista casa
Ma tutti quanti ma l’abitanti.
Venne Cristu ma cu li santi
Ni decia aiutu e salvazione.
Osci osci se fa missione
Ca mo’ ci Lazzaru è surscitatu.”

Queste sono le prime parole di un canto di questua noto come “Santu Lazzaru”, che fa parte di quella lunga e antica tradizione di canti popolari a tema religioso, usati sia come atti di devozione che per tramandare oralmente i concetti religiosi.
Nel periodo precedente la Pasqua, e soprattutto in concomitanza con il sabato prima della Domenica delle Palme che nella tradizione bizantina rievoca la resurrezione di San Lazzaro, in alcuni comuni salentini, calato il sole, i cantori si spostavano fino a notte fonda, di casa in casa, di masseria in masseria, offrendo uno spettacolo musicale in cambio di offerte, quasi sempre uova o prodotti agricoli. Nel testo, che essendo frutto di tradizione orale varia a seconda dei paesi, si trovano alcuni dei personaggi principali della Passione di Cristo quali la Maddalena, Simone, Giuda.
Esistono principalmente due versioni di questo canto, una in una tonalità maggiore – ascoltabile tra le tante, nella versione eseguita da Uccio Bandello, Uccio Aloisi e Leonardo Vergaro – e una in tonalità minore, che forse è la più antica di cui disponiamo nella versione registrata nel 1954 da Alan Lomax e Diego Carpitella. Ad oggi la tradizione di questo canto è riproposta con fini solidali, continuando a tenere vivo l’aspetto sociale dell’evento. Il simbolismo presente in questo genere di canti è forte: in una società rurale e agricola come quella pugliese, il tempo era scandito dal passare delle stagioni, dalla “morte” dell’inverno che diventava “rinascita” con la primavera.

Un’altra tradizione pasquale è quella nei paesi di lingua arbereshe e nella grecìa salentina: la “Passiùna tu Christù” (la Passione di Cristo): uno spettacolo itinerante di solito eseguito sempre prima della Domenica delle Palme, nel quale venivano rappresentati degli episodi tratti dalla Passione. In antichità il gruppo era formato da cantori e appassionati che si spostavano portando un ramo di ulivo adornato di nastri, immagini sacre e arance, simbolo di fecondità. Una volta fermi in un luogo, un anziano teneva il ramo e i cantori si alternavano proponendo le scene sacre accompagnati dall’organetto. Finito lo spettacolo venivano racimolate le offerte. Queste rappresentazioni una volta erano eseguite principalmente da uomini, ma oggi anche da donne. Scomparse intorno agli anni ’60 del Novecento, queste tradizioni musicali sono state rinnovate da quel movimento di riscoperta della musica popolare iniziato negli anni ’90, che è poi sfociato negli stili della moderna pizzica.

Per chi fosse interessato a riscoprire queste tradizioni, il 3 e il 10 aprile si terrà Lu Santu Lazzaru nei rioni di Tuglie: durante gli eventi avverrà una raccolta benefica di generi alimentari. Stesso tipo di evento è organizzato a Racale il 3 aprile.