di ANTONIO RIPA –

Hanno tagliato uno dei miei alberi,

uno di quelli che piantai da ragazzo,

avevo nove o dieci anni.

Lo piantai ch’era uno stelo

dritto a malapena

bisognoso di tutore e legatura.

Era maestoso tre giorni fa,

con le radici nervose

che scavalcavano la roccia in superficie

e calavano nelle fessure buie e feraci;

la sua chioma generosa d’ombra,

le sue rughe di resina e corteccia.

Hanno tagliato uno dei miei alberi,

aveva la mia età,

più o meno,

e ha pianto il suo alburno,

ha gemuto il suo durame

quando è stramazzato a terra

frusciando nell’aria un’ultima volta.

Hanno tagliato uno dei miei alberi,

ho contato i suoi anelli

confusi tra i riccioli della recisione

del libro e del cambio

e del midollo.

Sarà carbone forse

o sedie a dondolo

o cavallucci di legno

o manici d’ascia

o fasciame di scafi d’alto mare.

Come me.