Foto di Mirko Leo

di GIOVANNA CIRACì –

Il suo aspetto invoglia anche i meno golosi, con il colore del grano e la forma rotonda. È la puccia, un tipo di pane salentino, tra i simboli dell’enogastronomia pugliese.

Si mangia tutto l’anno, ma nel leccese non può mancare al pranzo del 7 dicembre, il giorno della vigilia dell’Immacolata Concezione. Tradizione vuole che venga farcita con ingredienti molto semplici: verdure, acciughe o tonno, ortaggi, capperi e al massimo una fetta di formaggio.

Ma come e dove è nata una delle bontà del Sud più invidiate? Secondo quanto tramandato nel corso dei decenni, il suo nome deriverebbe da “buccelatum”, il termina con cui i soldati romani chiamavano il pane che si portavano appresso per sfamarsi tra un battaglia e l’altra e che durava per giorni. Con il passare del tempo la parola latina si è trasformata in “puccidatum”, fino ad arrivare all’odierna “puccia”.

La nascita vera e propria del prelibato pane sarebbe avvenuta negli anni 70 del secolo scorso a Trepuzzi, nel leccese. Un certo Giovanni Caccetta, alle prese con la pasta del pane, avrebbe voluto imitare quello che vedeva fare alle zie con gli avanzi dell’impasto. Così aveva deciso di formare delle palline e metterle direttamente a cuocere nel forno a legna e il risultato è quello che tuttora possiamo gustare. Solitamente la puccia classica ha un diametro di circa 20-30 cm e si può condire con qualsiasi cosa si voglia, ma in tempi passati si usavano soprattutto alimenti poveri perché veniva utilizzata nel mondo contadino dove le ristrettezze erano all’ordine del giorno.

A Lecce e provincia, dunque, tipico è il rito di consumarla a pranzo la vigilia dell’8 dicembre, usanza che deriverebbe dal fatto che in passato si doveva rispettare la tradizione del “digiuno” cristiano prima della festa, con un pasto misero, e avere più tempo, inoltre, per dedicarsi ai preparativi celebrativi del giorno dopo. Un costume molto vivo soprattutto a Gallipoli, dove la puccia del periodo natalizio prende il nome di “caddhipulina” (gallipolina). Nel resto della Puglia si trova la “puccia alla vampa”(alla fiamma) dei tarantini, che aggiungono ai condimenti già noti la ricotta forte.

E così, in questo periodo, c’è chi addirittura le ordina dal panettiere con largo anticipo, per paura di non trovarne più e di rimanere con la tavola vuota; e i fornai sfornano, quindi, chili e chili dell’ambito pasto, con la gente a fare la fila anche fuori dal panificio, pur di avere la propria puccia della Vigilia dell’Immacolata.