di CHIARA CHIEGO –
Una delle caratteristiche più notabili del popolo pugliese, è quella di “sapersi arrangiare” in ogni circostanza. Emblema di questa capacità fondata sull’arguzia e su una buona dose di sfacciataggine, forse è la leggenda di “Giacobbe e l’esercito dei fantocci”. Come tipo di leggenda, è una di quelle storie che mira a prendere in giro le figure dei ricchi mettendole a confronto con i personaggi ai margini della società, che invece si rivelano essere pieni di ingegno e inventiva.
Al contrario di altre storie però, questa ha una collocazione storica ben precisa: al tempo dei briganti che si nascondevano per tutto il Sud Italia, nelle gravine tra Laterza e Ginosa, pare vivesse un giovane di nome Giacobbe – di cui però non si conosce il cognome o l’effettiva provenienza -, abituato a vivere di stenti, piccoli furti e di lavoretti saltuari. Stanco di dover sopravvivere a fatica, decise di prendere la strada del brigantaggio nascondendosi fra le gravine che circondavano la zona. Scelto un restringimento dove i passanti erano soliti abbeverare cavalli o bestiame ad una fonte – e che oggi prende appunto il nome di Passo di Giacobbe -, decise di compiere le sue prime rapine ma ben presto si rese conto che da solo e senza armi, non sarebbe riuscito nel suo intento. Per ovviare a questo problema, invece di chiamare a sè un manipolo di sodali e dividere il bottino, decise di costruirsi un esercito: raccattando materiale ferroso, vecchi elmi, fucili rotti, legno consunto, si costruì dei fantocci, quasi come degli spaventapasseri armati, da collocare tutto intorno alla gola da lui presidiata. L’effetto fu immediato: dal basso queste figure mescolate alla boscaglia, sembravano davvero uomini pronti ad esplodere i colpi, grazie anche al vento che li faceva oscillare e tintinnare. I malcapitati che si trovavano a passare da quel punto, venivano bloccati da Giacobbe che intimava loro di consegnargli denaro e preziosi, o sarebbero stati colpiti dal suo esercito; ma una volta fuggiti illesi dall’agguato, i ricchi rapinati si rendevano presto conto di essersi ingannati. La loro vergogna era tale però, che per molto tempo gli attentati di Giacobbe rimasero un segreto.
Per proteggersi tra una rapina e l’altra, Giacobbe si rifugiava nelle cappelle rupestri che costellavano la zona, si dice per confessarsi. Non essendoci però un prete a disposizione, risolse il problema costruendo un fantoccio a forma di sacerdote: se il metodo funzionava per le rapine, forse funzionava anche per le assoluzioni.
Un giorno però, il brigante Giacobbe si trovò a rapinare un giovane signorotto che, una volta accortosi dell’inganno dei fantocci, giurò vendetta. Ecco che chiamati due amici faccendieri, li convinse a vendicarlo. Questi decisero che uno avrebbe fatto uscire allo scoperto Giacobbe trasportando una bisaccia rigonfia, ma piena d’acqua e non di denaro, mentre l’altro lo avrebbe preso alle spalle col fucile pronto a sparare. E così avvenne. Giacobbe si ritrovò bloccato, ma non indietreggiò di un passo, nonostante l’ilarità e i commenti sprezzanti dei due. Con fare deciso chiamò a raccolta il suo esercito, e le risate generali si congelarono perchè i due scagnozzi, si accorsero che effettivamente i fantocci sembravano avvicinarsi sempre più. Terrorizzati i due fuggirono, lasciando Giacobbe da solo col suo esercito.
Non sappiamo se questo finale ironico sia reale, o se semplicemente questo incontro segnò la triste fine dello scaltro Giacobbe, ma pare che da allora nessuno lo vide più, sparito come inghiottito per sempre dalla rigogliosa natura della gravina. Eppure, alcuni affermano ancora di sentire rumori metallici mentre camminano per quei luoghi incontaminati. Forse il brigante fa ancora da solitaria sentinella, o forse sono i suoi fantocci a vegliare su quel luogo.