di FABIOLA ASTORE –

Se passeggiate per le vie della piccola cittadina di San Pancrazio Salentino, in provincia di Brindisi, vi ritroverete presto o tardi nei pressi della stazione ferroviaria. Percorrendo quella lunga e soleggiata stradina che a sinistra incontra via Trieste, sulle pareti ziesedi cinta del giardino della Scuola Primaria “G. Verga” avrete modo di osservare un bellissimo murales realizzato da Mino Di Summa, noto architetto e pittore francavillese, vincitore di numerosi premi e riconoscimenti internazionali sulla street art. I colorati dipinti, che volontariamente si collegano nella semplicità del tratto ai disegni di un fanciullo, rallegrano le pareti bianche esterne del muretto dell’edificio e scorrono armoniose raccontando in realtà una delle pagine storiche più difficili per il territorio pugliese e per la cittadina: le invasioni turche-ottomane avvenute tra il 1480 e il 1547, ancora oggi ricordate con il detto “Mamma lì Turchi!”.

Si comincia dalle scene che rievocano la partenza dei guerrieri invasori dalla loro terra natia. A seguire le tre soste dei turchi nel Mar Mediterraneo per rifornirsi di viveri, poi lo sbarco dei soldati a Torre Colimena, dove con l’aiuto di una spia del posto giunsero a San Pancrazio Salentino e la saccheggiarono. In ultimo le scene narrano la fuga degli invasori con i prigionieri e la lapidazione della spia da parte degli abitanti del posto. I colori sono delicati ma in grado di catturare l’attenzione; le scene sono rappresentate in maniera semplice e chiara, di immediata comprensione anche per i più piccoli.

Il secolo delle invasioni turche ha lasciato una profonda ferita nella storia della Terra d’Otranto, al punto che a San Pancrazio Salentino questo murales non è l’unico a raccontare di quel periodo così buio: ve n’è traccia anche nell’antica chiesetta di Sant’Antonio, situata nell’omonima via e ritenuta il nucleo medievale originario attorno al quale si è sviluppato nei secoli a seguire il paese. È proprio all’interno della chiesetta, in particolare sul muro a sinistra, sopra l’ingresso laterale che negli anni ‘80 è stato rinvenuto un antico affresco raffigurante, in forma quasi fumettistica, l’assalto più violento e sanguinoso dei corsari saraceni nella cittadina sanpancraziese, avvenuto proprio il 1° gennaio 1547. Fermandosi a osservare il dipinto si ha l’impressione di sentir narrare gli antichi cantastorie con una minuzia di particolari sconvolgente: si nota lo stendardo rosso dei 5 galeoni turchi riportante una falce di luna, l’esercito a terra a cavallo – forse un presidio di difesa – la Torre o un castello – magari quello di Avetrana – e nella parte bassa del muro il punto più “brutale” della vicenda: vedrete Cria, la spia di origini avetranesi di cui leggerete anche il nome inciso, rappresentato nudo e legato a una colonna mentre viene lapidato con frecce e pietre dai bambini.

Ma cosa spinse quest’uomo a comportarsi da traditore? La leggenda narra che Cria fosse partito da Avetrana dopo aver scoperto del tradimento della sua amata: la delusione fu così forte che alimentò in lui un senso di vendetta e di odio. Decise allora di prendere il largo e navigare per altre terre. Dopo anni, proprio in quella sanguinosa notte del 1547, Cria tornò al comando di quei 5 galeoni turchi per compiere la sua vendetta, ma più si avvicinava alla costa e più si risvegliava in lui l’amore per le sue radici al punto che decise, improvvisamente, di dirottare l’attacco dei soldati ottomani sulla vicina San Pancrazio Salentino. Il finale è ben noto e ci viene tramandato nei dettagli proprio da questo affresco: si stima che risalga al 1551, anno in cui la chiesetta di Sant’Antonio venne ricostruita dopo l’efferato evento.

E visto che ormai siete lì alzate lo sguardo all’insù perché sarete sorpresi da altri importanti dipinti, celati gelosamente per secoli, sotto l’intonaco delle pareti di quella piccola e accogliente chiesetta: c’è una “Dormitio Virginis”, cioè la morte della Madonna al cui fianco vi è un personaggio armato. Ci sono cavalieri non ancora del tutto portati alla luce e una bellissima e colorata Madonna in cielo circondata da angeli. Infine sbucano qua è là simboli di diversa natura non facilmente decifrabili, e sotto ai vostri piedi vedrete una necropoli con diverse tracce di sepoltura.

Insomma, non sempre sono le parole a narrare le antiche vicende; a volte c’è un modo più affascinante e a tratti misterioso, di leggere le pagine della nostra storia: ammirare le scene di un bellissimo affresco.