di CHIARA CHIEGO –
Buonanotte, ti lascio, vado via
dormi tu, ché io parto dolente
ma ove io vada, fugga o stia
ti porto sempre nel mio cuore.
Queste sono le parole di una strofa – tradotta in italiano – di una delle canzoni popolari più note del Salento. Conosciuta come “Kali Nifta”, in italiano “Buonanotte”, oggi è uno dei brani più reinterpretati del patrimonio musicale salentino. Nata dal testo del poeta e studioso originario di Calimera Vito Domenico Palumbo (1854-1918), il suo titolo originario era “Matinata”; nel tempo al testo è stata aggiunta una melodia, e la canzone è diventata parte del patrimonio della tradizione popolare, tanto da valicare i confini pugliesi ed essere apprezzata anche in Calabria, Sicilia e Grecia. Questa intensa serenata parla degli ardenti sentimenti di un innamorato, che affacciato alla finestra, si strugge d’amore verso una donna che però non lo corrisponde. Le parla dolcemente della sua fedeltà, del ricordo che serberà di lei ovunque andrà, anche se lei non lo saprà mai.
Autodidatta, Vito Domenico Palumbo amò immensamente le lingue: oltre al greco e al latino studiò francese, greco moderno, tedesco e inglese. Approfondì gli studi glottologici e dialettologici, insegnò greco, e strinse stretti legami con personalità greche, collaborando con tantissime riviste. Innamorato della sua terra, la Grecìa Salentina, tra le sue opere sono presenti una raccolta di racconti popolari e una di canti popolari. I suoi scritti sono importantissimi per la cultura salentina, perchè costituiscono una delle più rilevanti testimonianze della letteratura di una minoranza linguistica in Italia. Il grìco salentino è un idioma che utilizza i caratteri latini, è molto simile al greco moderno mescolato però con termini utilizzati nei comuni leccesi. Risulta una testimonianza importante della contaminazione ellenica avvenuta nel Salento, ed è fondamento dell’identità storica e sociale di molte realtà territoriali.
Oggi è possibile ascoltare centinaia di versioni diverse di questo canto: molte hanno inserito un ritmo e una coreografia simili al ballo del sirtaki – una danza di origine greca –, mentre altre ancora utilizzano sonorità jazz rendendo il brano elegante e articolato. Come gli appassionati del Concertone della Notte della Taranta già sapranno, da anni è la canzone finale con la quale si chiude la manifestazione: una vera e propria esibizione collettiva, di pubblico ed artisti, uniti insieme dall’energia e dalla potenza espressiva di una canzone che nelle sue parole, tiene vivo un intero territorio.