di PIERO TAFURO – (foto tratta da Territorilink.it)

Si racconta che, durante la seconda guerra mondiale, i soldati americani dislocati nel piccolo aeroporto costruito dai tedeschi nei pressi di San Pancrazio Salentino, in contrada “Angeli”, fossero piacevolmente incuriositi dai gruppi di ragazzini che, per le strade del paese, si sfidavano in accese e interminabili partite di “mazzazzippu”, un gioco che, proprio agli occhi degli inventori del baseball, doveva certamente apparire come una specie di “variante povera” dello sport più americano di tutti.

Del resto, al netto delle logiche differenze nelle regole classiche – molto complicate quelle del baseball e abbastanza semplici quelle del mazzazzippu – vi erano comunque delle innegabili analogie nelle dinamiche di questi giochi che prevedevano entrambi due ruoli fondamentali: quello del battitore e quello del lanciatore. Il mazzazzippu era un antico gioco – o addirittura uno sport? – praticato dai ragazzini di quasi tutte le regioni d’Italia, che lo conoscevano con nomi ovviamente diversi – lippa, a manciugghia, stiriddru, spizzingulu, mazzbuzzella, mazz e piccul, mazz’emazzil, eccetera…- ma con regole simili ovunque.

Per giocare bastavano una mazza e un pezzetto di legno – nel Salento quasi sempre di ulivo – a sezione cilindrica e appuntito alle due estremità, mentre non vi erano praticamente limiti al numero dei giocatori, dal momento che ci si poteva sfidare in duelli da uno contro uno, oppure in lunghissime e molto chiassose partite tra due squadre composte ognuna anche da sei o sette giocatori. Gioco povero dunque, ma soprattutto, passatempo alla portata di tutti anche in periodi marcati a fuoco da diffusa indigenza e da complicatissime difficoltà sociali ed economiche; del resto vi erano certo ben pochi ostacoli nel reperire due “attrezzi” semplici e grezzi come una mazza e un legnetto (zzippu) e, certamente, le difficoltà si annullavano del tutto quando era necessario trovare un numero congruo di ragazzini pronti a sfidarsi e molto spesso anche ad azzuffarsi se, nella frenesia dettata dalla competitività, sorgevano controversie o malintesi.

Le strade e le piazze a quei tempi, brulicavano di ragazzini e diventavano quindi dei “campi da gioco” ideali anche per il mazzazzipu: bastava tracciare per terra con un gesso o, più frequentemente, con una pietra calcarea la “casa base” per poi dare inizio alle partite. Il battitore colpiva al volo con un colpo di mazza il legnetto e cercava di farlo volare il più lontano possibile mentre i giocatori avversari cercavano di prenderlo al volo causando l’eliminazione dell’avversario in battuta. Se il legnetto toccava terra, un lanciatore avversario lo rimandava in direzione del battitore che però doveva cercare di colpirlo per tenerlo lontano dalla “casa base” e guadagnare il punto. Nel luogo esatto dove il legnetto toccava terra, il battitore aveva poi a sua disposizione tre tentativi per spedirlo ancora più lontano colpendolo con la mazza su una delle due estremità appuntite per farlo alzare in aria e per colpirlo di nuovo.

Erano regole semplici e antiche che però richiedevano fantasia e destrezza: qualità che certamente non mancavano a quei ragazzini di “guerra” abituati a dare del tu alla fame e al lavoro duro, ma anche a sfogare la loro naturale esuberanza su strade polverose e su piazzali dalla superficie irregolare e quasi sempre insidiosa. Come tutti i giochi da strada, anche il mazzazzippu, con il passare degli anni, ha dovuto fare i conti con le regole spietate del progresso ed è stato infine dimenticato. A farlo diventare vecchio e pressoché inutile sono stati, al tramonto degli anni 70, sia l’aumento del numero di automobili – che ha reso impossibile e pericolosa la possibilità di giocare per strada -, sia la diffusione universale della televisione, sia l’arrivo del mitico Super Tele: il pallone di gomma, poco affidabile ma economico, che in quel periodo consentì ai ragazzi di imitare i campioni del calcio nei campetti di periferia.

Oggi i giovanissimi hanno altri modi per passare il tempo, quindi, anche il “super tele” è diventato un inutile attrezzo ed è andato a far compagnia a mazzazzippu nel polveroso scaffale dei ricordi ma, in questa bolla di benessere forzato e di consumismo guidato, forse farebbe bene anche a loro sapere che c’è stato un tempo in cui degli ometti come loro, furono capaci di stupire gli americani semplicemente giocando a mazzazzippu: lo sport che era il parente povero – ma sempre bellissimo – del loro amato baseball.