di CHIARA CHIEGO –

Sassolini piatti e lisci, pietre colorate, gessetti polverosi, legni e biglie tintinnanti. Oggetti comuni, a cui oggi quasi non si pensa più ma che per i bambini, fino a quasi mezzo secolo fa, rappresentavano la principale forma di intrattenimento.

Se nascondino, il gioco dell’oca e mosca cieca sono sicuramente tra i passatempi più noti e comuni a livello nazionale, la Puglia conserva ancora il ricordo di qualche antico gioco popolare. Ad esempio le radici del ‘Gioco delle cinque pietre’, affondano nel mondo greco e romano: si svolgeva in più fasi con i giocatori che dovevano tirare in aria delle pietre e contemporaneamente prenderne altre da terra. Ogni fase del gioco aveva una difficoltà in più: aumentavano le pietre da raccogliere, oppure bisognava farle passare da una mano che forma un arco, fino ad arrivare nell’ultimo livello, nel quale si lanciavano tutte le pietre con le mani chiuse e si cercava di riprenderle con il dorso.

Una popolare variante del gioco era quella che utilizzava i noccioli al posto delle pietre. Chissà in quanti tra i nostri anziani avranno costruito chilometri di piste sulle spiagge pugliesi, per poi sfidarsi a colpi di biglie in vetro colorato. O magari c’era chi preferiva sfidarsi a colpi di trottola e spago: il tipico gesto di avvicinare la mano all’orecchio per tirare il giocattolo, è ancora ben presente nell’immaginario dei più grandi. Tutti questi giochi hanno in comune una cosa, l’utilizzo di materiali poveri, spesso di riciclo o realizzati a basso costo. In questo senso possiamo citare i gessetti colorati spesso utilizzati per giocare a campana: si disegnavano delle caselle per terra, e ci si saltava sopra cantando una filastrocca.

Tra coloro che invece avevano a disposizione più mezzi, e volevano tentare la fortuna, di gran moda era il Piattino, un gioco che si eseguiva con le carte napoletane e il nome indicava che si svolgeva con una forma di piatto sul tavolo. Ogni giocatore faceva la sua puntata e il mazziere distribuiva una carta per giocatore. Se questa carta era compresa fra 1 e 4 la restituiva al piatto, se tra il 6 e il 9 la prendeva. 

Quell’antica era sicuramente un’infanzia basata sull’attesa: dai giochi in cui bisogna svolgere diverse azioni, ai ritmi lenti propri di una società prevalentemente contadina. Era un’infanzia fatta di racconti intorno al fuoco, di arrampicate sugli alberi per arrivare ai frutti e ai nidi, di nuotate e lunghissime passeggiate.

Forse in un mondo perennemente in mutamento, nel quale siamo in continua ricerca dell’ultimo aggiornamento e siamo iperconnessi fra noi, sarebbe giusto riappropriarsi di un momento di voluta lentezza, personale, semplice e giocosa.