di RITANNA ATTANASI –

Lo scrittore pugliese Omar Di Monopoli presenta oggi 16 febbraio, alle 18, al Museo Civico di Manduria, dove peraltro da tempo risiede, il suo ultimo romanzo “Sotto il cielo dei Messapi”, dedicato al Parco Archeologico delle Mura Messapiche del comune manduriano. Una zona interessata da un esteso e certosino lavoro di riqualificazione e valorizzazione funzionale realizzato con fondi Pon della programmazione 2014-2020 dei quali il Segretariato del MiC per la Puglia è soggetto attuatore. Interverranno durante l’evento il fotografo Luigi Fiano, i cui scatti corredano il testo, Maria Piccarreta, Segretario regionale del Mic per la Puglia, Loredana Ingrosso, direttrice Museo Civico di Manduria, Fabio De Bartolomeo, amministratore dell’impresa BDR Appalti Srl, Maria Franchini, architetto del Segretariato generale del Mic per la Puglia, Francesco Longobardi, architetto della Direzione regionale Musei Puglia.

Il protagonista della storia è Livio Mirabella, talentuoso fotografo, che compie un doppio viaggio a ritroso. Costretto da piccolo a raggiungere con la madre la città di Milano per ricominciare una nuova esistenza, alla soglia dei cinquant’anni si ritrova a Manduria per recuperare i pochi beni lasciati dal padre appena venuto a mancare. Un tentativo come un altro, ma di certo non privo di originalità, per non perdere di vista l’anima di un luogo rimesso in vita ma altrettanto bisognoso di una nuova identità.

C’è un’altra forma d’arte alla quale si è ricorso per insistere, per così dire, sul valore dell’area archeologica. Il maestro ceramista e miniaturista Antonio Vestita ha realizzato il mosaico della bellezza all’ingresso del Parco, in Piazza Scegnu. Un’opera pavimentale che al maestro piace chiamare “fonte della bellezza”, realizzata in un laboratorio itinerante e aperto a cittadini e turisti affinché ciascuno potesse decorare, sulla base di sollecitazioni legate alle peculiarità dell’area stessa, uno dei cubi che costituiscono l’opera.

“Tutto è partito dall’ascolto della muraglia, e non solo delle mura – confida il maestro – Qualcuno avrà pensato ‘questo è folle’. Non mi sono inventato nulla. I luoghi in cui si vive nessuno li vede più, li ascolta più. Io ho ascoltato il Fonte Pliniano”. Varcata la cancellata di Piazza Scegnu, infatti, si discende nella grotta seminaturale di forma circolare dove si raccoglievano le acque sorgive. Attualmente il pozzo è asciutto ma vi scorre sempre un rivolo d’acqua.

“Su questi mattoncini sono incisi simboli non solo messapici – continua a raccontare il ceramista – Ognuno si è espresso in modo libero sfruttando le antiche tecniche della ceramica. Al centro c’è l’acqua simbolo di rinascita, rigenerazione, vita. Prima di scendere nell’antro della terra ci si prepara con le giuste abluzioni”. Una fonte metaforica, dunque, un luogo di passaggio attraverso cui si volgono le spalle al passato per affrontare l’incipiente presente. “Io induco a fermarsi. Bisogna prepararsi. Tutti noi dobbiamo capire una cosa: rallentare”.

Così ceramica e scrittura concorrono quasi a uno stesso messaggio. Leggere una storia richiede tempo, così come scriverla, così come viverla, d’altronde. E questo i Messapi l’hanno già fatto. Altrettanto lavorare la ceramica comporta del tempo. E se questo tempo serve per restituire vita ai luoghi, non rimane altro da fare che viverli.