di FABIOLA ASTORE –                                                                                                       

Come si può porre rimedio ai danni che l’uomo sta procurando al nostro ambiente? A svelarcelo in questa intervista è Gianluca Zizzo, Presidente dell’Associazione “L’ambiente che vogliamo” di San Pancrazio Salentino, che ci racconta l’impegno dei volontari attuato per sensibilizzare alla cura ambientale e preservare le aree verdi del territorio locale.

Com’è nata l’idea di costituire l’Aps “L’ambiente che vogliamo” ?

“L’ambiente che vogliamo” nasce davanti a un caffè, da un incontro tra amici. Si parlava e ci si lamentava dello stato di incuria, inquinamento e abbandono in cui versavano alcune aree verdi del nostro territorio. E così ci siamo promessi che la situazione sarebbe dovuta cambiare e anche presto. Ci sentivamo obbligati ad agire concretamente per contribuire alla salvaguardia non solo del nostro territorio, ma in generale dell’ambiente. Negli anni questa spinta è sopravvissuta alle tante difficoltà e da qualche mese siamo tra i primi a essere inseriti nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore. La nostra associazione, inoltre, è arrivata a contare 80 soci, prova questa, della serietà e dell’impegno profuso quotidianamente.

Di fatto come funziona “L’ambiente che vogliamo”?

Ogni anno, a settembre, stiliamo un programma per coinvolgere le scuole. Contattiamo i docenti o spesso sono loro a contattare noi per piccole ma importanti iniziative come la Festa dell’albero. Questo è fondamentale per due motivi: il primo è quello di poter dare ai nostri ragazzi un ambiente più sano; il secondo è quello di sensibilizzare a uno stile di vita più rispettoso verso il nostro pianeta cominciando proprio dalle nuove generazioni. Ci impegniamo inoltre ad avviare e organizzare delle vere e proprie campagne di pulizia in aree un po’ “critiche” e già segnalate all’autorità, partendo in primis dai luoghi che la nostra comunità ha più a cuore, ad esempio le aree verdi che circondano il santuario di Sant’Antonio alla Macchia. All’inizio della nostra attività gran parte di quelle zone erano abbandonate a se stesse dal punto di vista della cura del verde: abbiamo eliminato circa tre, quattro camion di rifiuti con il supporto dell’Ufficio tecnico e della Monteco. Abbiamo poi dato vita a “Plastic Free”, un enorme pesce mangiaplastica, realizzato in collaborazione con l’architetto Sisto di San Pancrazio Salentino. Si tratta di un pesce di metallo e rete che portiamo in spiaggia, a simboleggiare la plastica di cui sono pieni i nostri mari e che i pesci ingeriscono, arrivando fino a noi. Ogni anno migliaia di turisti utilizzano plastica monouso – bicchieri, piatti, posate – che, se non viene smaltita, va a finire in acqua e nella sabbia. Per lo stesso scopo usiamo anche cartelloni e dépliant. Ora ci stiamo organizzando per le Tappe di “Plastic free”. Tutte le informazioni relative alle date, orari e spiagge interessate saranno pubblicate sulla nostra pagina Facebook. Piano piano si cominciano a vedere dei cambiamenti nella forma mentis e nell’impegno delle persone. Ad esempio mi accorgo che sempre più spesso la gente si indigna di fronte ai rifiuti abbandonati nelle campagne. Insomma un senso civico più diffuso.

Qual è stata la peggior situazione che vi siete trovati ad affrontare e come l’avete risolta?

Non ho una classifica di situazioni drammatiche, ma la più grave è stata forse quella di tre anni fa quando abbiamo trovato proprio vicino al Santuario di Sant’Antonio dei bocconcini avvelenati per animali. È stato un gesto davvero grave, anche perché quelle zone sono spesso frequentate da persone e dai loro amici a quattro zampe che lì possono andare a spasso e giocare. Attraverso la condivisione e la diffusione della notizia sui social siamo riusciti a ottenere un intervento della Asl di competenza che ha subito circoscritto e bonificato l’area dal cibo avvelenato.

Finora qual è stata invece la più bella esperienza che avete vissuto?

L’esperienza più bella l’abbiamo vissuta sicuramente prima della pandemia quando, in collaborazione con altre associazioni, come Eventi Salentini e l’ASD Ciclisti MTB San Pancrazio Salentino, abbiamo organizzato la“Pedalata ecologica”. Durante quella giornata abbiamo visitato e fatto conoscere le aree della Masseria Caragniuli e le grotte dei monaci basilani, costruite durante la loro fuga dall’Oriente per scampare alle persecuzioni bizantine. Abbiamo pedalato tra gli alberi delle aree di nostra cura e ci siamo riuniti presso il Santuario per la benedizione di comunità e una piccola festa.

Qual è la parte più difficile nello svolgere la vostra attività?

Sicuramente i momenti in cui ci capita di cogliere in flagrante gente che abbandona i rifiuti e ai quali abbiamo cercato di spiegare l’inciviltà che si cela dietro quel gesto. Aggiungo anche la forza di trovare uno stimolo a non fermarsi anche dopo situazioni del genere. A volte ci succede di trovarci di fronte ad atti di incuria o vandalici perpetrati anche poco dopo il nostro intervento di pulizia; lì viene davvero voglia di gettare la spugna. È molto difficile il doversi rapportarsi con gli altri e autofinanziare. La nostra associazione non ha mai utilizzato soldi pubblici e ci vuole davvero impegno e motivazione nel sacrificare denaro e togliere tempo alle nostre famiglie. Questo significa che la causa ci sta davvero molto a cuore.

C’è stato un programma che vi eravate prefissati di raggiungere e che purtroppo non ha trovato realizzazione? Se sì, per quale motivo?

Sicuramente la bonifica di aree potenzialmente inquinate ancora oggi. Abbiamo cercato di parlare e attivare le istituzioni provinciali a riguardo. Ci sono aree che andrebbero ancora regolarizzate attraverso un monitoraggio di falde o analisi dei terreni, ma c’è bisogno di un intervento massivo e comune delle istituzioni e delle associazioni.

Come dovrebbe essere “L’ambiente che vogliamo” se dovessimo immaginarlo?

Sicuramente un ambiente in cui c’è la vera consapevolezza che abbiamo sotto i nostri piedi un tesoro chiamato Terra che stiamo pian piano deturpando attraverso sbagliate abitudini di vita, di consumo, inquinamento, poco riciclaggio dei materiali, spreco di risorse. Bisogna riconoscerlo e soprattutto attivarsi per prendersene cura, adesso.

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